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Abbinamenti Enogastronomici Pugliesi
Le giuste combinazioni tra cibo e vini non solo equilibrano i sapori, ma esaltano profumi e aromi valorizzando le migliori caratteristiche di entrambi. Sulla tavola, come in un gioco di squadra, ogni componente mette in gioco le sue risorse migliori per assicurare un risultato finale di grande successo. Se poi ciò che guida nel comporre la squadra è anche la nostra passione per il lavoro e il legame con le tradizioni del luogo, allora si può raggiungere il massimo. Ad aiutarci in questo arduo compito di selezione e combinazione di prodotti, viene in nostro soccorso madre natura, che si rivela essere più che generosa in fatto di prodotti e qualità.
Partendo dai vitigni, numerose sono le varietà di uva coltivate in tutta la Puglia e lo stesso si può dire per il cosiddetto “Salento”, subregione della Puglia meridionale. A partire da quelle che non hanno una vera e propria correlazione con il nostro territorio, come ad esempio lo Chardonnay e il Moscato, passando per i più importanti vitigni autoctoni, come il Primitivo e il Negroamaro, sino alla riscoperta e riqualificazione delle cosiddette varietà “reliquia”, ossia una serie di vitigni autoctoni che nel tempo sono andati quasi del tutto perduti, reimpiantati e valorizzati solo negli ultimi anni; emblematico è il caso di vini derivati dalle varietà Minutolo e Susumaniello.
Originario dell’altra sponda dell’Adriatico, molto probabilmente di provenienza dalmata o croata, è denominato in questo modo per via della sua maturazione precoce. È una varietà diffusa nel sud Italia, ma che trova in Puglia, in particolare nelle province di Lecce e Taranto, le condizioni pedoclimatiche per eccellenza, necessitando di un clima secco e caldo; infatti la forma del suo grappolo, con acini quasi attaccati gli uni agli altri, può determinare facilmente la formazione di muffe in condizioni climatiche di prolungata umidità, rovinando così la sua maturazione. Gli acini di quest’uva hanno un alto contenuto di zuccheri, di conseguenza potranno produrre vini con un titolo alcolometrico elevato, sono ricchi di pruina e hanno un rilevante contenuto di antociani. Tramite specifiche tecniche colturali e abbassando la resa della pianta in vigna, si può puntare direttamente alla qualità di un prodotto che invecchiando nel tempo può dare risultati realmente eccezionali; la sua longevità talvolta supera gli ottant’anni.
Il vino che deriva da questa varietà si presenta con un colore rosso rubino, dai riflessi violacei che tendono a diventare color granato con l’invecchiamento. Vino rosso corposo, ben strutturato, caldo, morbido, armonico e di buona persistenza, ha un gusto intenso e avvolgente, con sentori di frutti a bacca rossa, amarena, more, prugne e ciliegia sotto spirito. Oltre alla IGP e alla DOP, vi proponiamo anche la “riserva”, ossia, nel nostro caso, un vino DOP invecchiato per un certo numero di mesi, prima di essere messo in commercio. La fermentazione malolattica in acciaio e la successiva permanenza in barrique di rovere francese e americano per 18 mesi permettono di ottenere maggiore morbidezza, equilibrio, corpo e persistenza, nonché sentori di vaniglia e una successiva evoluzione in sentori terziari di cacao e caffè.
Di origine Greca o, secondo alcuni storici, introdotta in Puglia dalle popolazioni cretesi e micenee, della famiglia delle Malvasie sono riconosciuti ad oggi 18 esemplari. Sebbene sia diffusa in molte regioni italiane, noi ci soffermeremo solo sulle varietà presenti in Puglia e precisamente nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto, dove si coltivano esclusivamente i vitigni aromatici, i cui vini hanno gli stessi intensi profumi dell’uva matura. Questa varietà predilige un clima caldo e secco, inoltre, vinificata in bianco, può anche dare un vino secco di grande carattere. La Malvasia Nera, vinificata come rosso secco e fermo, generalmente si presenta all’aspetto con una colorazione rosso rubino intenso e riflessi violacei, dai profumi avvolgenti e persistenti di frutta rossa, accompagnati da sentori vinosi o, a seconda dei casi, più erbacei e muschiati. Al palato risulta essere un vino comunque corposo ma al tempo stesso equilibrato e morbido. Da appuntare anche quel pizzico di sapidità, una giusta acidità e un tannino delicato, che vanno a bilanciare il tutto.
Qui è presente la versione trattata in barrique di rovere francese da 4 a 6 mesi: Malvasia “in purezza”, dalla struttura importante ma al tempo stesso delicata e avvolgente; vino rosso di abbastanza lunga persistenza, e dagli aromi e sentori intensi e complessi di frutta rossa matura e spezie.
No, non stiamo parlando del gruppo musicale, ma della varietà di uve Negroamaro, da cui la band ha preso ispirazione per trarre il suo nome. Vino corposo e dalla considerevole persistenza, il Negroamaro rappresenta, insieme al Primitivo, ciò per cui la Puglia è conosciuta, a livello enologico, in giro per il mondo. Introdotto in Puglia dai colonizzatori greci, deve il suo nome alla pigmentazione molto intensa e impenetrabile, e al suo retrogusto piacevolmente amarognolo. Si contraddistingue all’olfatto per le sue note fruttate, specialmente di frutta rossa, floreali e per i leggeri sentori di tabacco. Anche questa varietà presenta una elevata concentrazione zuccherina, che determina l’alto grado alcolico e, di conseguenza, un’importante struttura. Dagli acini grandi e dalle bucce spesse, scure e pruinose, si distingue anche per la buona potenza tannica. Vinificato “in purezza”, questa varietà presenta già nei vini giovani una certa intensità e complessità, oltre al già citato grado alcolico deciso, che viene perfettamente bilanciato dalla sua struttura. Il colore è di un rosso rubino intenso, tendente al granato con l’invecchiamento. Tutte queste caratteristiche permettono a questo vino sia di poter essere assemblato con altre varietà locali, sia di poter essere invecchiato con successo. Oltre alla vinificazione in rosso, il Negroamaro è anche conosciuto per i suoi rosati ed è impiegato nei processi di spumantizzazione visto il suo grado di acidità. Queste versioni, manterranno ed evidenzieranno le caratteristiche organolettiche della varietà.
Vi proponiamo la versione giovane, ossia un vino dal gusto caldo, avvolgente e persistente, ma al tempo stesso corposo ed equilibrato, dal profumo intenso e dal sapore asciutto, e la versione in barrique di rovere francese da 4 a 6 mesi. Quest’ultimo presenta color rosso porpora, con riflessi violacei; i profumi sono intensi e persistenti con aromi di ribes nero e frutti di bosco e, con l’invecchiamento in legno, sviluppa sentori speziati con note finali balsamiche e di vaniglia. Al sapore si rivela corposo, equilibrato, vellutato e dal finale lungo.
Dai tanti soprannomi simpatici, che ne rievocano l’elevata produttività caratteristica principalmente dei primi dieci anni di vita della pianta, il Susumaniello può essere considerato il modello della ribalta dell’enologia pugliese. Di probabili origine dalmate, i frutti di questo vitigno venivano utilizzati in passato quasi esclusivamente come “uve da taglio”, viste le caratteristiche distintive dei suoi piccoli acini densi di pruina e concentrati in polifenoli e antociani, ricco in pigmentazione, dall’acidità bassa e dal pH alto, e dei suoi vini, dalla struttura e dal grado alcolico importanti. Autoctono della Puglia e coltivato prevalentemente nel Salento, il Susumaniello ha rischiato di sparire a seguito del declino della domanda di questa varietà come uva da taglio e anche a causa degli ammodernamenti, apportati in vigna, nelle tecniche e nei sistemi di coltivazione, che hanno favorito alcune varietà a discapito di altre. A tutto questo bisogna aggiungere il fatto che, dopo all’incirca la prima decade di vita della pianta, la sua produttività tende a ridursi considerevolmente. Ma è proprio qui che avviene il miracolo, in quanto si ha un vero e proprio passaggio dalla quantità alla qualità. È proprio grazie a questa scoperta che il Susumaniello è stato tirato fuori dalle sabbie mobili del dimenticatoio ed è tornato alla ribalta fra le eccellenze dei vini pugliesi. Dalla colorazione rosso rubino a tinte porpora – bluastre, il Susumaniello si identifica immediatamente per i suoi sentori di frutta rossa, quindi lampone, mora, ciliegia e prugna, e il suo sottofondo speziato. Al palato, come tutti i rossi del Salento, si presenta come un vino corposo, accompagnato da altre componenti strutturali quali complessità, intensità, persistenza ed equilibrio grazie alla sua importante componente tannica. L’invecchiamento in legno tende a garantire maggiore morbidezza e ad accentuare le note speziate.
Vi presentiamo un Susumaniello “in purezza” magistralmente lavorato. Affina i primi dieci mesi in acciaio e i successivi sei mesi in botti di rovere francese. Ha un colore rosso rubino intenso e brillante, dai riflessi violacei. All’olfatto è superbo e ricco, con note di prugna matura, frutti di bosco, mora, ciliegia, dolci note tostate, vaniglia e una leggera spolverata di spezie. Al gusto si presenta con un’esplosione di aromi fruttati, specialmente di frutta rossa. È un rosso strutturato, di grande intensità, persistenza e armonia. Il contatto con il legno regala al vino morbidezza, pur rispettando la sua delicata e piacevole tannicità.
È difficile dare delle indicazioni esaustive sullo Chardonnay in poche righe, in quanto oltre a essere uno dei vini bianchi più diffusi e vinificati al mondo, si presta a una versatilità eccezionale, potendo produrre con queste uve praticamente ogni tipologia di bianco. Di origine francese, questa varietà esprime sentori e caratteristiche anche molto diverse le une alle altre, causate sia dai terreni e dai climi in cui viene coltivato e sia dai trattamenti che può subire. Partendo dai suoi colori, questo vino spazia dal giallo paglierino con riflessi verdolini per i vini più giovani vinificati in acciaio, al giallo dorato intenso nel caso di vini invecchiati e affinati in legno, ricordiamo infatti che lo Chardonnay può arrivare anche a 10 – 15 anni di longevità. Gli aromi e le caratteristiche organolettiche che svilupperà variano in base al clima in cui è presente il vigneto; in questo modo si passa da vini caratterizzati da freschezza, di buona acidità, sapidità e con note floreali, di pesca e frutta verde nelle zone fresche, fino a vini complessi, avvolgenti, dal finale lungo e con aromi di melone e frutta tropicale nei climi più caldi. Lo Chardonnay è tendenzialmente un vino dall’importante acidità e alcolicità, ciò permette un’ottima longevità e, invecchiandolo in barriques, lo si rende ancora più ricco e complesso, andando ad aggiungere note di vaniglia e nocciole tostate. Visto il suo clima caldo, in Puglia lo Chardonnay si contraddistingue per avere una gradazione alcolica importante e una buona acidità. Un vino fresco, sapido, dal colore giallo paglierino e con delicate note di frutta tropicale e possibile frutta secca con la maturazione del vino in bottiglia.
Ecco a voi due versioni più giovani e fresche di questa varietà e una versione invecchiata in barrique di rovere francese per 4 mesi. Li possiamo definire come vini dall’ottima struttura, di buona acidità, freschi, morbidi e piacevolmente minerali, che esprimono sentori floreali (fiori di gelsomino e rosa selvatica), di nocciola e frutta tropicale (ananas e banane). Si riscontrano note vanigliate nella versione lasciata riposare in legno.
Di origine incerta, il Vermentino non è un vitigno autoctono, ma nonostante ciò è riuscito ad adattarsi con successo al terreno e alle caratteristiche ambientali salentine. È una varietà aromatica; fornisce ai vini profumazioni delicate ma molto decise e un’acidità naturale utile anche in una possibile fase di invecchiamento. In passato questa varietà veniva vinificata in molte tipologie, anche passito, mentre oggi è sottoposto a vinificazioni di alta qualità in purezza, quasi sempre nella tipologia secca. Le zone ideali per la coltivazione del Vermentino sono quelle in prossimità del mare, dove questa varietà dà il meglio di sé. Dal colore giallo paglierino a tinte verdognole, come vino bianco fermo presenta, al naso, intensi sentori floreali, agrumati e di frutta verde. Al palato esprime buona morbidezza e persistenza, sapidità e freschezza, e si presenta generalmente con un sapore secco e tendente all’amarognolo.
In questo caso vi proponiamo un bianco di Vermentino dal colore giallo paglierino, giovane e dai vividi profumi floreali, agrumati e di erbe aromatiche. Al palato è un prodotto che racconta della terra in cui è nato e cresciuto; un lembo di terra che si affaccia sullo “Jonio” e che racchiude le suggestioni della macchia mediterranea antistante il mare, con un microclima temperato tutto l’anno. Per questo troviamo note di timo, rosmarino, una spiccata mineralità e una inconfondibile freschezza.
Dalle origini incerte, in Italia il Fiano è considerato uno dei migliori vitigni a bacca bianca. È diffuso nel centro – sud Italia e quindi anche in Puglia, dove fa parte delle varietà autoctone. Utilizzato in passato anche come uva da tavola e caratterizzato da acini piccoli, spessi e con poca pruina, il vitigno Fiano è di buona vigoria e fertile, ma di bassa resa, sebbene si adatti facilmente a diverse condizioni ambientali. La versatilità della pianta fa sì che si possano produrre vini fermi, spumanti e passiti. Seppure prediliga inverni più rigidi ed estati più fresche, in Puglia riesce a dare risultati interessanti, soprattutto nel Salento; a titolo di esempio ricordiamo infatti che a questa varietà è stata riconosciuta la certificazione di qualità “Brindisi DOC” ed è presente anche, in minori quantità, nelle denominazioni “Locorotondo” e “Martina Franca DOC”. Vino bianco longevo per via della sua struttura e acidità, da tenere presente sono soprattuto le sue caratteristiche organolettiche e le sue note, che variano al variare delle aree di crescita delle piante e di maturazione delle uve da cui hanno avuto origine i vari vini, riflettendo le caratteristiche climatico – ambientali di quel determinato territorio. Questo ci permette di avere a disposizione molte tipologie di Fiano, che potremmo quasi definire tutte diverse e uniche. Dal colore giallo paglierino, questo vino bianco presenta generalmente notevole complessità e una lunga persistenza. Le sue note variano dalle note floreali alla frutta verde, dalla frutta secca (nocciole e mandorle tostate) sino alla frutta tropicale e alle spezie. Come già accennato prima, al palato si presenta pieno, fresco e con una certa sapidità.
Il Fiano da noi proposto è un vino bianco dal caratteristico colore giallo paglierino, leggero e asciutto, con profumi floreali e di frutta esotica fresca. Al palato, la caratteristica sensazione vellutata e di rotondità viene bilanciata da acidità e sapidità. Presenta piacevoli note di frutta verde, erba e sedano, con note speziate ed aromatiche.
Il Bianco d’Alessano è un vitigno autoctono a bacca bianca la cui origine è sconosciuta, anche se sembra provenire dalla “Valle d’Itria”. In passato questa varietà veniva coltivata e vinificata assieme alla Verdeca, in quanto, preso in purezza, non permetteva di ottenere risultati soddisfacenti. Pur essendo un vitigno non esigente e flessibile nell’adattamento, la sua nota dolente è stata la bassa produttività, motivo per cui, nel corso del tempo, questo vitigno è stato quasi del tutto sostituito con varietà più funzionali. Oggi, allevato con sistemi che ne hanno aumentato di molto la produttività, il Bianco d’Alessano ha evitato la sua totale estinzione. Caratterizzato da acini di dimensione media, con buccia spessa e pruinosa, ancora oggi vi è la tendenza a utilizzare questo vitigno nel taglio con la Verdeca o con altre varietà a bacca bianca locali. È un vitigno non aromatico e dal gusto neutro. Vinificato “in purezza” si presenta generalmente con un colore giallo paglierino chiaro e neutro, al naso con delicati aromi floreali e fruttati, tra cui mela, pera e pesca, e al palato risulta essere un vino dal corpo importante, ben equilibrato da freschezza e sapidità, il tutto sostenuto da un finale lungo e fruttato. Potremmo definirlo un vino semplice e asciutto.
Il nostro Bianco d’Alessano, vinificato “in purezza”, si presenta con un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli in giovinezza, con delicati aromi floreali e di frutta verde e drupacee, tra cui pera e pesca. Fresco, minerale e lungo al palato, è un vino dal corpo importante, strutturato, ben equilibrato e con una eccezionale predisposizione all’invecchiamento. È un vino che richiede pazienza, in quanto offre eccezionali performance con l’invecchiamento.
Dalla elegante etichetta trasparente che ne esalta i riflessi color rosso vivo, il rosato di Primitivo che vi proponiamo è un rosato “in purezza”, dalla vivida colorazione e dal bouquet fruttato, specialmente di frutta rosa; al gusto si presenta con un’ottima struttura, fresco ed equilibrato.
Rosato di Susumaniello “in purezza” dalla colorazione rosa, si caratterizza per l’elevata acidità, la buona nota sapida e il piacevole retrogusto amarognolo. All’olfatto spiccano profumi floreali, in particolar modo di petali di rosa, e qualche accenno di erbe aromatiche della macchia mediterranea, accompagnato da aromi di frutta rossa e da sensazioni agrumate. Al palato si confermano la frutta rossa (mirtilli rossi e melograno) e le sensazioni agrumate.
Questo rosato è ottenuto da uve Negroamaro “in purezza” ed evidenzia le caratteristiche organolettiche e aromatiche della varietà. Dalla colorazione rosa brillante, al naso risulta intenso e persistente, con note floreali (rosa) e fruttate (ciliegia e melagrana). Al palato risulta fresco, equilibrato e fruttato.
Varietà diffusa a livello internazionale e largamente coltivata in diverse regioni italiane, il Moscato in Puglia fa parte di quei vitigni non prettamente autoctoni, che è riuscito, malgrado sia probabilmente il meno famoso fra le denominazioni DOC e DOCG dei Moscati in Italia, a ottenere la denominazione DOC nel nord della Puglia e IGT nel Salento. Importato in Italia meridionale dai coloni greci al tempo della Magna Grecia, fa parte di una più larga famiglia di vitigni a bacca bianca e anche a bacca nera. Il termine italiano Moscato fa direttamente riferimento alla varietà “Muscat Blanc” (Moscato Bianco), che è la varietà aromatica a bacca bianca più pregiata e conosciuta all’interno della famiglia dei Moscati. L’etimologia del nome invece deriva da muscum (muschio), in quanto i suoi vini si identificavano per i profumi spiccati e per gli aromi dolci di pesca e di fiori d’arancia. Uva aromatica da cui si ricavano vini altrettanto aromatici e generalmente leggeri, freschi e caratterizzati da un ottima acidità; viene impiegato nella produzione di vini secchi e aromatici, spumanti dolci e vini passiti. Le colorazioni che assume il Moscato variano a seconda della tipologia a cui ci troviamo di fronte; dal giallo paglierino al giallo oro, fino all’ambra più o meno intenso. Dalle note olfattive pungenti, gli aromi che si possono percepire sono tanti e diversi, si va dalle erbe aromatiche alle note floreali, fruttate e agrumate; nei passiti ritroviamo anche sentori mielosi e speziati. Le caratteristiche organolettiche dei Moscati sono indubbiamente influenzate dal clima e dal terroir di provenienza, per questo motivo nelle varietà del sud Italia ritroviamo vini dalla struttura più importante, accompagnata anche da note minerali, dalla inconfondibile freschezza tipica di questi vini, già descritta, e dalla persistenza nei sapori.
Abbiamo selezionato un vino da dessert prodotto in provincia di Taranto e ottenuto in annate dove è possibile un appassimento naturale su pianta. Vino bianco dolce dal colore giallo e con riflessi dorati, presenta note di agrumi canditi, albicocca secca e miele; al palato si presenta caldo e rotondo, grazie al residuo zuccherino che equilibria l’alto tasso alcolico.
Ad oggi è l’unico vino nel Salento ad essere insignito del marchio DOCG. Questo marchio racchiude i vini prodotti in specifiche zone geografiche e che rispettano un rigoroso disciplinare di produzione. Questa tipologia di vino è semplicemente un Primitivo dolce passito prodotto nelle province di Brindisi e Taranto, come indicato dalla disciplinare. Ciò che principalmente cambia rispetto a una bottiglia di Primitivo DOC “in purezza” sono i trattamenti a cui le uve di questa varietà sono sottoposte e il differente processo di vinificazione. In linea di massima i grappoli vengono lasciati appassire sulla vite, in modo tale da portare a una parziale disidratazione dei suoi acini e contemporaneamente a nuova sintesi e concentrazione di zuccheri, aromi, polifenoli, glicerolo e altre sostanze chimiche. In cantina il processo di fermentazione, che trasforma gli zuccheri in alcol, si interrompe prima che i lieviti siano in grado di metabolizzare tutto lo zucchero presente nel mosto, determinando la presenza, nel vino, del cosiddetto “zucchero residuo”. Così facendo si ottiene un Primitivo dolce dal colore rosso porpora con sfumature tendenti al granato; i sentori che possono essere percepiti sono ampi e complessi, generalmente si va dalla frutta rossa, ad esempio la ciliegia sotto spirito, alla frutta nera, come la prugna, fino alla frutta e ai fiori secchi, note speziate e un inconfondibile tocco sapido e di macchia mediterranea; al palato risulta un vino dolce, ben strutturato, caldo, avvolgente e vellutato.
Vi presentiamo un vino di colore rosso intenso con riflessi purpurei e note di frutta matura; al palato risulta dolce, struttarato, gradevole, avvolgente e persistente, ottenuto da uve appassite su piante di oltre 60 anni, coltivate ad “alberello”. I lieviti, raggiunti circa i 16 gradi di titolo alcolometrico, si inibiscono, lasciando dello zucchero naturale non fermentato.
Dalle origini antichissime, il fico presenta diverse varietà che possono garantire due raccolti nel caso di piante “bifere” (i “fioroni” nei mesi di maggio – giugno con una pezzatura più consistente e i “fòrniti” caratterizzati da una pezzatura decisamente minore) o un’unica raccolta annua. In questo caso le piante prendono il nome di “unifere” e concentrano la loro produzione durante l’estate. I fichi possono essere consumati freschi o dopo essere stati sottoposti alla procedura di essiccazione. In quest’ultimo caso si utilizzano varietà con una maturazione precoce e dai fòrniti bianchi, dalla polpa densa e dalla buccia elastica e resistente. Il processo di essiccazione può avvenire all’aperto, come una volta e sfruttando il calore del sole, in serra o tramite stufe. Così facendo i fichi perdono gran parte del loro contenuto di acqua e diventano molto più dolci per il concentrarsi degli zuccheri. È molto comune, una volta essiccati, chiudere questi “falsi frutti” a sandwich e farcirli con una mandorla tostata e la scorza di limone. Così preparati con o senza ripieno, i fichi secchi vengono fatti dorare brevemente in forno e sono pronti per essere gustati o conservati per l’inverno.
Messi al bando dal Santo Uffizio, nel Medioevo, poichè si credeva favorissero i peccati della carne, i Funghi Cardoncelli trovano la loro più ampia diffusione sia come fungo spontaneo e sia come coltivazione nell’”Altopiano delle Murge”. In epoche recenti invece sono stati definiti “carne dei poveri”, vista la consistenza della polpa. Ad oggi esistono molti ceppi del Cardoncello, tutti ugualmente saporiti e degni di nota. La polpa si presenta di color bianco e soda. Il suo odore si avvicina alla pasta di pane e ai semi di finocchio, caratterizzandosi per non essere particolarmente intenso come potrebbero essere altre varietà fungine. Il suo sapore equilibrato non copre ma valorizza gli altri ingredienti con cui è accostato e si contraddistingue per essere lievemente dolciastro e amarognolo, con aromi speziati, nocciolati, di erbe aromatiche fresche e di pasta di pane. È molto versatile in cucina e mantiene una consistenza soda anche dopo la cottura; generalmente deve essere consumato quasi immediatamente a seguito della raccolta. La tradizione locale pugliese lo prepara sott’olio, anche per ottenere una conservazione più lunga e duratura. Si procede in questa maniera: dopo aver pulito e lavato i funghi, si sbollentano brevemente in aceto e si pongono in piccoli vasetti, ricoprendoli con olio extravergine d’oliva, accompagnando i vari strati con aglio, prezzemolo e peperoncino tritato.
Il Lampascione è una pianta spontanea diffusa nelle zone mediterranee. È considerato un prodotto della tradizione agroalimentare pugliese e spesso viene anche coltivato. La parte commestibile della pianta ha la forma di una piccola cipolla e si trova interrata a una profondità di 10 – 20 cm. I bulbi si possono raccogliere tutto l’anno, anche se si preferisce fare la raccolta in agosto. I Lampascioni hanno un profumo dolciastro e aromatico, e una decisa nota amara che lascia il posto ad un retrogusto dolce rotondo e delicato. I bulbi derivati dalle coltivazioni hanno un sapore meno marcato, ma restano comunque ugualmente ottimi. Come da tradizione per la maggior parte delle primizie, anche i Lampascioni vengono conservati e venduti sott’olio. Dopo essere stati tenuti in un luogo ventilato e correttamente puliti, i Lampascioni vengono cotti in acqua e aceto accompagnati da aromi e/o erbe aromatiche. Dopo la cottura vengono fatti asciugare e successivamente saranno posti in piccoli vasetti, ricoperti di olio extravergine d’oliva, insieme alla presenza di possibili aromi.
Il Capocollo di Martina Franca è un insaccato prodotto in “Valle d’Itria”, in particolar modo nel comune di Martina Franca. Le tecniche di lavorazione a cui è sottoposto questo insaccato, ben salde alla tradizione, sono regolamentate da un rigido disciplinare di produzione e prevedono l’utilizzo di carne di suino, preferibilmente maiali allevati in loco. Nello specifico, si usa la “coppa” (pezzo anatomico tra la quarta e la settima vertebra del dorso animale) con sale, pepe e “vincotto” (mosto fresco di uva cotto). Sottoposto dapprima a una lunga salagione, successivamente la carne attraversa la fase della “concia” con il vincotto e gli aromi, per poi essere insaccato in un budello naturale. Una volta asciutto, il Capocollo viene leggermente affumicato per affrontare in maniera ottimale la stagionatura a cui è sottoposto e per conservarsi al meglio in un clima caldo come quello pugliese.
Si presenta delicato e aromatico come da tradizione, con note derivate dall’affumicatura e, in seconda battuta, dalle spezie e dal vincotto.
Il Cacioricotta è un formaggio tipico pugliese, ottenuto con tecniche di lavorazione miste tra quelle del formaggio e della ricotta. Viene ricavato dal latte fresco di mucca, capra o dall’unione di essi. Il procedimento prevede di riscaldare, trasformare con l’aggiunta di siero acido, lasciar raffreddare e successivamente lasciar coagulare il latte, addizzionando caglio di capretto o di agnello. La cagliata produce granuli caseosi. Lasciata riposare, vede l’estrazione e la messa in forma nelle “fuscelle” (stampi cilindrici) di giunco o di altro materiale. Succesivamente la forma viene sottoposta a salatura a secco delle “facce” e dello “scalzo”.
È essenzialmente salato e presenta una percepibile complessità aromatica. Ricorda un gradevole aroma di stalla pulita. Le note gustative saranno ovviamente condizionate dalla tipologia di latte utilizzato e dall’affinamento che lo caratterizza.
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